Se comprate un chilo di pane, specialmente in uno di quei panifici di paese che sono tanto tipici in Sicilia, potrete leggere, scritto sulla busta, una sorta di “grande inno” al pane, nel quale si celebrano tutte le sue virtù: dalle sue caratteristiche (la croccantezza, la bontà) alla sua storia, fino al suo ruolo centrale nell’alimentazione. Ora, da un lato questa sorta di grande encomio mi appare forse un poco esagerato (anche se è una lunga poesia con tanto di schema metrico e ritmico!), ma, ogni volta che lo leggo, penso che effettivamente il pane è la base di tutte le alimentazioni: è il primo cibo “creato” nella storia dell’uomo, il primo di fronte al quale l’umanità ha dovuto ragionare, lavorare, impastare e cuocere. La sua storia ha accompagnato quella dell’uomo stesso, e, come si differenziavano i popoli, gli strati sociali, così si differenziava il pane, da quello più umile dei contadini al pain au chocolat dei salotti francesi.

Un alimento così centrale in tutte le diete del mondo non poteva non avere anche un suo ruolo nell’immaginario comune, e la produzione letteraria e artistica ha riservato sempre un posto al pane. Pertanto, anche se nel Vangelo di Matteo si recita il celeberrimo “Non di solo pane” (ma, ovviamente, il contesto e i significati sono diversi, qui si prende la citazione come una battuta), è comunque vero che il pane, tra gli alimenti, ha sempre avuto il ruolo principe. In questo breve articolo vedremo gli sviluppi del “pane” ed il suo ruolo nel mondo antico, dalle prime pagnotte egizie al pane che diventa Corpo di Cristo, passando per il pane nero spartano ed il pane non lievitato della tradizione ebraica.

Gli egizi davano un’importanza enorme al pane. Maestri del processo di lievitazione (sono loro ad aver inventato la birra!1), le genti del Nilo producevano grandissimi quantità di pane. Lo testimoniano gli stessi ritrovamenti archeologici: nelle grandi tombe le grandi pagnotte egizie erano onnipresenti, tanto dipinte nei bellissimi affreschi che rappresentavano scene di banchetto, quanto realmente all’interno del sepolcro. Il pane era inoltre l’offerta fondamentale all’interno dei templi, ed esisteva un vero e proprio comitato che doveva occuparsi della sua fornitura giornaliera offerta alle divinità. Nel tempio di Abu (il tempio di Elefantina del periodo tolemaico) gli archivi riportano le quantità di pane che ogni mese entravano dentro il tempio. Naturalmente, il pane non era soltanto un alimento per divinità e defunti: tornando al “mondo dei vivi”, grandi quantità di panini sono state rinvenute nei diversi villaggi. Nel cosiddetto Gerget Khufu, il villaggio degli operai che lavoravano per la costruzione della Grande Piramide, ogni giorno venivano sfornate centinaia e centinaia di pagnotte per nutrire i lavoratori di Giza. È proprio in uno di questi villaggi, quello che si trovava a Tebe, che, sotto Ramesse III, scoppiò il primo grande sciopero della storia, ricordato come lo “sciopero del pane”. In un impero che non riusciva più a garantire una economia forte, gli operai che lavoravano a Tebe in vista del giubileo del faraone scoppiarono in uno sciopero che durò diversi giorni, e che vide manifestazioni, fiaccolate, cori che gridavano “Vogliamo il pane”2. Il governo di Tebe cercò di arrivare ad un compromesso. Lo stesso governatore, vedendo che i rifornimenti di pane non arrivavano, decise di dare agli scioperanti dei dolci: del tipo, s’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche! Lo sciopero continuò, finché qualche giorno prima del giubileo, per evitare disordini durante la festa arrivarono finalmente le razioni tanto volute. Ma il giubileo passò, e con lui le scorte di pane agli operai.

Grandi produttori di pane e surrogati erano anche i Greci. Oltre al pane più tradizionale, un disco fatto di farina d’orzo, i Greci si specializzarono presto nella produzione di focacce, ottenute aggiungendo al solito pane l’immancabile olio d’oliva ed altre erbe. È proprio la focaccia che diventa uno dei simboli dell’alimentazione. Recita un celeberrimo frammento del poeta Archiloco:

Nella lancia è per me la focaccia impastata […]

Per dire come nella guerra (la lancia) risiedesse per il poeta-soldato lo stesso vivere (il “portare a casa il pane”).

Ben diversa era la situazione a Sparta, dove la rigida educazione non permetteva dei lussi quali panini aromatizzati o focacce. Racconta Plutarco3 che il leggendario Licurgo fondò a Sparta i cosiddetti “Sissizi”, ovvero delle grandi mense comuni in cui si mangiava tutti quanti insieme, non badando più di tanto al gusto del cibo. Sulla tavola era sempre presente la famosa Maza, il pane nero spartano, molto duro e sicuramente poco gustoso. Insieme al brodo spartano, il pane nero rappresentava l’alimento ideale della dieta del guerriero lacedemone. Tale era il rispetto dei Greci nei confronti del pane che lo affidarono alla custodia di una divinità, Demetra, la dea delle messi. In diverse raffigurazioni Demetra è infatti rappresentata con delle spighe di grano e dei panini (una simbologia che verrà ripresa successivamente dal cristianesimo).

A Roma, ci racconta Plinio il Vecchio, il pane arrivò tardi: prima, infatti, i Romani erano soliti consumare una sorta di focaccia non lievitata ed un pastone di cereali e legumi. Fu con la macinazione del farro, da cui si otteneva la farrina (la moderna “farina”) che a Roma cominciò a svilupparsi la produzione di pagnotte. Successivamente la produzione di pane andò notevolmente a svilupparsi, con l’ingresso delle focacce greche e del pane etrusco, fino ad ottenere una vera e propria differenziazione sociale in base al tipo di prodotto consumato: il pregiato siligeneus, pane di segale, consumato dall’aristocrazia; il furfureus, pane di crusca; e poi il cibarius ed il secundarius, pani impastati con farina non lavorata ed acquistati dai poveri. Anche a Roma il pane aveva un ruolo centrale nell’alimentazione di tutti: non a caso, proprio dal “pane” inteso anche qui come il “nutrirsi” deriva il famosissimo detto di Giovenale: populus duas solas res anxius optat: panem et circenses (“il popolo brama con ansia solamente due cose: il pane ed i giochi”).

Prima di parlare di pane e cultura cristiana, è quasi obbligatorio dare un’occhiata alla tradizione ebraica. Anche oggi durante la pasqua ebraica i fedeli sono soliti mangiare un pane molto sottile e piuttosto insapore, che ha la caratteristica di non essere lievitato. Questo particolare tipo di pane viene chiamato matzah in ebraico, meglio noto come il pane azzimo (dal greco azyme, “senza lievito”). Il perché di questa tradizione deriva da un famoso passo contenuto nel dodicesimo capitolo del libro dell’Esodo. Il Signore, guidando Mosè, decide di liberare il suo popolo dalla schiavitù in Egitto: gli ebrei, pertanto, devono affrettarsi, preparare tutto e fuggire velocemente. Hanno bisogno di provviste, di pane, naturalmente, ma non hanno il tempo per far lievitare l’impasto. Sfornano così un pane non lievitato, l’azzimo, con il quale riescono a nutrirsi durante la fuga dal regno d’Egitto. Il pane azzimo è considerato oggi uno dei simboli della religione ebraica.

Arriviamo finalmente alla cultura cristiana. Oltre il passo che dà il nome all’articolo, è uno, in particolar modo, il luogo dei Vangeli in cui il pane ha un ruolo di protagonista: l’Eucarestia, il momento in cui Cristo offre in sacrificio il suo corpo ed il suo sangue per la salvezza di tutti. Ed è il pane che diventa il Corpo di Cristo, l’alimento principale di una qualsiasi dieta che “si tramuta” (con tutte le problematiche di carattere teologico-dottrinale che sorgono in età medievale) nel Salvatore stesso.

Una curiosità. Quando i missionari gesuiti arrivarono in sud America per predicare, cercarono di adattare il messaggio evangelico alla realtà sudamericana. Per questo motivo la Madonna viene rappresentata come una grande montagna ed il paradiso ha le caratteristiche della foresta Amazzonica. Nelle raffigurazione dell’Eucarestia gli Apostoli sono seduti alla mensa con della birra tradizionale e del… porcellino d’india. Il piccolo animale era infatti una pietanza prelibata e allo stesso tempo la base dell’alimentazione d’epoca incaica, quasi al pari del pane. Ma del resto, paese che vai… pane che trovi!


[1] Senofonte racconta della diffusione della birra nei regni mediorientali. La bevanda viene da lui chiamata “vino d’orzo”.

[2] Un papiro, detto il “Papiro dello sciopero” e conservato a Torino, riporta le parole degli scioperanti:”Se siamo arrivati a tanto è causa della fame e della sete […] scrivete al faraone, il nostro Perfetto Signore, e al visir, nostro superiore, riguardo le nostre parole, affinché ci siano mandate le provviste.”

 [3] Plutarco, Vita di Licurgo. 


L’immagine di copertina è tratta dalle pitture parietali della tomba di Sennedjem a Deir el-Medina in Egitto (secondo secolo a.C.).

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