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Sotto un manto di nuvole e foglie rifletto la mia anima nell’opaca corteccia dei pioppi. L’incontro fra tensioni opposte, le radici avvinghiate al terreno conosciuto e i rami protesi al cielo irraggiungibile e inesplorato, rimanda l’immagine nitida dell’umano conflitto tra sicurezza offerta dall’abitudine e desiderio selvaggio di “rischiare la certezza per l’incertezza” (cfr. Martha Medeiros, Ode alla vita). I rami fremono a una folata di vento, e il pensiero si perde dietro semi volteggianti, sulla scia di barconi percossi dalle onde e nelle sepolcrali profondità dello spazio. Perché per quanto sia profondo e comodo il nostro cantuccio, isolato dal mondo esterno dalla spessa coltre del consueto, ogni essere è destinato a incontrare l’ignoto. Questo articolo vuole gettare una qualche luce sulle strategie impiegate dai viventi nell’affrontare ciò che non si conosce, e insieme al prossimo cerca di rendere comprensibile il perché i biologi siano, in qualche modo, sempre fissati con il sesso.

Partiamo da un albero da fiore (angiosperme) che sprofonda le radici in una fresca radura. Qui le caratteristiche fisico-chimiche (temperatura, umidità, composizione del suolo…) sono più o meno costanti sulla scala degli anni, e invariata risulta quindi la strategia ottimale. Come in una lotteria in cui la combinazione vincente rimane sempre la stessa, l’albero che è cresciuto e si è dimostrato adatto alla radura non avrà alcun vantaggio al cambiare la sua combinazione di geni: si staccano perciò da esso rami o piccole gemme che, a terra, crescono in cloni della pianta madre (riproduzione asessuata), con la stessa batteria di geni e, soprattutto, la stessa capacità di prosperare nella radura. In modo simile il Populus tremuloides estende le sue radici sotto terra e getta nuovi tronchi in superficie, formando un unico grande individuo che può apparirci come un’intera foresta: Pando, nello Utah, è un esemplare di ottantamila anni che si classifica come l’organismo più pesante conosciuto (oltre quarantamila tronchi e seimila tonnellate).

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I pioppi che si osservano in questa figura, con chioma pigmentata di un giallo uniforme, presentano radici in comune e fanno parte di un unico individuo chiamato Pando.

Nonostante il successo della riproduzione asessuata nel dominio dell’abitudine, ben più vasto è il dominio dell’ignoto: ci sono altre radure da colonizzare, e ciascuna presenta nuove risorse e nuove sfide. L’albero invia quindi pionieri col vento, nell’acqua o attraverso gli animali (aggrappati alla pelliccia o dentro le loro feci): semi tutti diversi fra loro, generati per riproduzione sessuata, in modo che aumenti la probabilità che almeno uno dei corredi genetici sia adatto alla meta raggiunta. Riprendendo l’analogia già considerata, se partecipo a una lotteria di cui non conosco la combinazione vincente, la strategia migliore risulta quella di giocare tante combinazioni diverse, e non tanti biglietti con la stessa combinazione. Per comprendere la variabilità generata dal sesso può essere utile immaginare il genoma come una squadra di architetti in cui il prodotto finale deriva dal dialogo, in cui il ragionare di uno viene modificato dal ragionare dell’altro. Allo stesso modo l’espressione di ogni nostro gene dipende dalle interazioni con tutti gli altri, e la riproduzione sessuata ricombina geni della madre e del padre formando una nuova squadra il cui risultato finale sarà innovativo. E’ interessante notare come spesso le angiosperme presentino su una stessa pianta sia gli organi maschili sia quelli femminili, ma la maturazione in tempi diversi o l’interposizione di barriere fisiche impediscono che l’autoimpollinazione comprometta il rimescolamento delle squadre. In questo modo molte piante popolano il loro territorio con cloni di sé stesse, consolidandosi nella madrepatria, e inviano pionieri dal genoma differente verso lidi sconosciuti, nel tentativo di formare nuove colonie.

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I semi sostengono la riproduzione sessuata.

Un altro esempio di organismo perlopiù coloniale costituisce gran parte della vegetazione sottomarina: i polipi (da non confondere coi polpi che si mangiano con le patate), animali ancorati al fondale e con tentacoli in grado di catturare prede, formano per gemmazione estesi organismi concettualmente simili a Pando. Molte specie di polipi (ma non le anemoni di mare e i coralli) sono in grado di generare asessualmente delle meduse libere di muoversi. Come si ottiene la variabilità necessaria ad abitare altri fondali e altre acque? La risposta sta nell’esistenza di meduse femmina e maschio che possono generare sessualmente larve con genomi ricombinati, le quali si sviluppano in meduse o in nuove colonie di polipi a seconda delle condizioni ambientali.

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Ciclo vitale di meduse e polipi.

Ora pensate a una catastrofe: una calda giornata di sole. Non capite cosa intendo? Questo perché non siete dei rotiferi, minuscoli animali che vivono nelle pozzanghere, e per cui il prosciugamento delle stesse equivale alla fine del mondo. I rotiferi si riproducono normalmente per partenogenesi, per cui le femmine depongono uova contenenti corredi genetici completi che sviluppano cloni: una popolazione di sole femmine. Quando l’atmosfera si surriscalda o il mondo si sovraffolla, invece, depongono uova con metà corredo che in parte si schiudono senza essere fertilizzate e generano maschi piccoli e incapaci di nutrirsi. Questi sono però fertili alla nascita e in grado di completare il corredo genetico delle uova rimanenti prima di morire. Dalle uova fecondate si formano capsule resistenti che, come il profugo Enea, si lasciano alle spalle un inferno rovente. Viaggiano col vento per decine di anni, anche oltre oceano, finché non trovano un ambiente adatto da popolare.

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Esemplare di rotifero. La bocca, a sinistra, presenta un sistema di ciglia rotanti che risucchiano acqua (da qui il nome).

Da questi esempi è emersa l’ipotesi scientifica del Vicario di Bray, con riferimento a un uomo di chiesa che, sul finire del sedicesimo secolo, avrebbe cambiato tre volte confessione per mantenere la carica sotto diversi regnanti. Secondo quest’ipotesi il sesso avrebbe il ruolo di generare la variabilità necessaria ad affrontare i cambiamenti ambientali.

La riproduzione sessuata ha però costi energetici molto alti (per esempio per la ricerca del compagno) e trasmette alla generazione successiva solo il 50% dei geni. Per questo tutti i rotiferi si riproducono per partenogenesi la maggior parte del tempo, e per questo i rotiferi bdelloidei, che hanno trovato un’alternativa alla riproduzione sessuata per ottenere variabilità genetica, si riproducono per sola partenogenesi da oltre 80 milioni di anni: lo stress determinato dalla scomparsa della pozzanghera rompe il DNA dei singoli individui, e la riparazione consente il rimescolamento dei frammenti. Basta guardarsi intorno per accorgersi che diverse piante e qualche animale sono indirizzati verso un ritorno alla riproduzione asessuata. Il tarassaco (o dente di leone o soffione) ha una squadra di geni adatta alle condizioni ambientali più disparate, e il sesso si dimostra per esso una strategia dispendiosa incapace di arrecare alcun vantaggio: non deve perciò stupire che includa linee asessuate, vere e proprie fabbriche in cui si ha la produzione di massa di semi tutti uguali ma non meno efficaci.

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I soffioni, dal genoma versatile,  producono semi tutti uguali.

Mi chiedete se anche l’uomo, sempre più radicato al divano, si troverà un giorno a riprodursi per frammentazione? Non preoccupatevi, non dovremo rinunciare al sesso: con passo di corsa entra in scena la Regina Rossa.


L’immagine di copertina rappresenta le due fasi della vita della medusa: a destra i polipi, ovvero la forma stanziale e asessuata, e a sinistra le meduse (sessuate), la fase mobile per la ricerca di nuovi luoghi da colonizzare.

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